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SPECIALE MALATTIE E VISITE FISCALI

Malattia dell'impiegato pubblico più povera e sotto stretta sorveglianza –

Con l'entrata in vigore il 25 giugno scorso del decreto legge n. 112 recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria", sono state adottate misure normative finalizzate ad incrementare l'efficienza delle pubbliche amministrazioni anche mediante interventi in materia di trattamento del personale, tra le quali una nuova disciplina in materia di assenze per malattia. In particolare l'articolo 71 stabilisce il trattamento economico spettante al dipendente in caso di assenza per malattia (comma 1), definisce le modalità per la presentazione della certificazione medica a giustificazione dell'assenza (comma 2) e per i controlli che le amministrazioni debbono disporre (comma 3). Al decreto sono seguiti la circolare n. 7/2008 del Dipartimento della Funzione Pubblica ed il messaggio INPS n. 16603 del 21 luglio 2008 che ci aiutano a delineare meglio la situazione. Quanto al trattamento economico riservato al pubblico impiegato è stato stabilito che nei primi dieci giorni di assenza per malattia gli dovrà essere corrisposto solo il trattamento economico fondamentale (voci del trattamento economico tabellare iniziale e di sviluppo economico, della tredicesima mensilità, della retribuzione individuale di anzianità, degli eventuali assegni ad personam) con esclusione di ogni altro trattamento. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste dai contratti collettivi per le seguenti fattispecie : assenze derivanti da infortunio sul lavoro, assenze per malattia dovuta a causa di servizio, ricovero ospedaliero e day hospital, assenze dovute a gravi patologie che richiedono cure salvavita. In questi casi non sarà applicata la decurtazione per i primi dieci giorni di malattia. A norma dell'art. 45 del D.lgs. n. 165 del 2001: "Il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi". Il Dipartimento della Funzione Pubblica al riguardo ha precisato che per le parti non incompatibili con il nuovo regime legale, continueranno ad applicarsi le clausole dei contratti collettivi e degli accordi negoziali di riferimento. Le clausole dei contratti collettivi incompatibili con la presente disciplina sono quindi da intendersi automaticamente decadute e inapplicabili. Particolare attenzione deve però prestare il dipendente pubblico alle altre due disposizioni contenute rispettivamente nei commi 2 e 3 dell'articolo 71 del decreto, disposizioni che dovrà osservare scrupolosamente. Per ciò che riguarda le modalità di certificazione della malattia è stata introdotta una norma alquanto cervellotica. Infatti, il comma 2 dell'articolo 71 stabilisce che "2. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare, l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica". I documenti di prassi hanno meglio specificato il significato della norma. Dal 25 giugno 2008 i periodi di assenza per malattia superiore a dieci giorni (assenza attestata con uno o più certificati) ovvero le assenze per malattia a partire dal terzo episodio di morboso in ciascun anno solare, dovranno essere attestate da certificazioni rilasciate esclusivamente da struttura sanitaria pubblica come i presidi ospedalieri e ambulatoriali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ma anche dai medici di medicina generale convenzionati con il Servizio Sanitario stesso ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 (medici di base). In questi casi non saranno più ritenute valide le certificazioni rilasciate da medico libero professionista non convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, che però conserveranno la loro validità in tutti gli altri casi. L'ultimo aspetto di particolare rilevanza da segnalare riguarda la previsione del comma 3 dell'articolo 71 che impone la richiesta della visita fiscale da parte delle amministrazioni anche nel caso in cui l'assenza sia limitata ad un solo giorno "tenuto conto delle esigenze funzionali ed organizzative" ovvero salvo particolari impedimenti del servizio del personale derivanti da un eccezionale carico di lavoro o urgenze della giornata, nonché l'ampliamento delle fasce orarie di reperibilità fissate dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 154.00 alle ore 18.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi. Questo ultimo comma merita più di una riflessione. Dando per scontato, ipoteticamente, che si possano evadere tutte le "pratiche di controllo" della malattia dell'impiegato pubblico sarebbe interessante quantificare il beneficio per la Pubblica Amministrazione e raffrontarlo con il maggior costo per sostenuto per effettuare tali visite. Non è affatto sicuro che il saldo sarebbe positivo per la P.A. Non è superfluo poi sottolineare che fasce di reperibilità così come sono fissate appaiono coercitive. Neanche nel settore privato sono così estese. L'impiegato pubblico ammalato e single non potrà far la spesa ne pagare le bollette? Un intervento generalizzato volto ad evitare il rilascio del "certificato facile" sarebbe stato sicuramente più efficace oltre che provvidenziale per le casse dello Stato.
Ministro Funzione Pubblica e Innovazione: circolare sulle assenze dei pubblici dipendenti

. - Lo scorso 17 luglio, il Ministro della Funzione Pubblica e dell'Innovazione, ha firmato una circolare concordata con l'Anci (Associazione nazionale comuni italiani) che prevede dei chiarimenti in merito al trattamento dei dipendenti pubblici in base al disposto dell'art. 71 del DL 112/2008. In particolare è stata prevista una riduzione della retribuzione per i primi dieci giorni di assenza in caso di malattia e ciò a prescindere dalla durata della stessa. Alla terza assenza per malattia nell'arco dell'anno solare e per le assenze superiori a dieci giorni, i dipendenti pubblici sono tenuti a presentare all'amministrazione un certificato medico rilasciato dalle strutture sanitarie pubbliche o dai medici convenzionati, in quanto parte del Servizio Sanitario Nazionale.
Le amministrazioni hanno l'obbligo di richiedere la visita fiscale anche nel caso di assenza per un solo giorno.
Il provvedimento fornisce poi alle pubbliche amministrazioni indicazioni circa l'incidenza delle assenze dal servizio ai fini della distribuzione dei fondi per la contrattazione collettiva, ribadendo i principi in materia di premialità e chiarendo che comunque nessun automatismo è consentito nella distribuzione delle somme. I contratti collettivi dovranno quantificare i permessi retribuiti spettanti, stabilendo sempre un monte ore massimo. Nel caso di fruizione del permesso per l'intera giornata, per impedire distorsioni nell'applicazione delle disposizioni ed evitare che i permessi siano chiesti e fruiti sempre nelle giornate in cui il dipendente dovrebbe recuperare l'orario, l'incidenza dell'assenza sul monte ore a disposizione del dipendente deve essere computata con riferimento all'orario di lavoro che il medesimo avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza


INPS: se nel certificato di malattia manca l'indirizzo per la reperibilità si perde il diritto alla prestazione –

Il lavoratore è tenuto a certificare il proprio stato di malattia mediante idonea certificazione rilasciata dal medico curante. Detta certificazione deve essere trasmessa al Datore di lavoro e all'INPS e deve recare l'esatta indicazione del domicilio del lavoratore durante l'evento morboso, pur se coincidente con quello abituale, al fine di consentire l'effettività e l'efficienza dei controlli. In particolare il lavoratore è tenuto a verificare che il certificato medico attestante lo stato di malattia indichi esattamente l'indirizzo del proprio domicilio. Diversamente il lavoratore dovrà provvedere ad indicare lo stesso sul certificato. L'inosservanza di tale obbligo impedisce l'insorgere del diritto del lavoratore a beneficiare dell'indennità di malattia per l'intero periodo in cui l'Istituto non sia stato in grado di esercitare il potere di controllo sulla malattia denunciata. L'inesatta, incompleta o mancata indicazione dell'indirizzo del domicilio comporta la perdita della prestazione previdenziale per l'intero evento di malattia o comunque per tutte quelle giornate di malattia attestate da certificazione priva del requisito in questione. L'INPS (Circ. INPS 9 ottobre 2009 n. 22747) ha precisato che l'inesatta, incompleta o mancante indicazione del domicilio non determina la perdita del diritto all'indennità di malattia solo laddove l'istituto sia in grado di reperire altrimenti ed agevolmente nei propri archivi il dato prescritto. (es: INPS può fare riferimento a precedenti e recenti eventi di malattia ovvero a visite domiciliari).

Certificazione per un solo giorno di malattia –

Recentemente gli uffici della Pubblica Amministrazione sono stati scossi dalla Direttiva n. 8/2007 che ha preteso il rispetto di una disposizione di dubbia genesi, riguardo l'obbligo per il pubblico dipendente di presentare la certificazione medica anche per un solo giorno di malattia. Da più parti i dipendenti pubblici hanno contestato la direttiva che in questa sede sarà oggetto di critica e di disamina giuridica. Il punto che ci interessa si trova al paragrafo 4, co. 1 dove si legge: "I dirigenti delle amministrazioni destinatarie della presente direttiva sono tenuti ad assicurare il rispetto, da parte dei dipendenti assenti per ragioni di salute, delle prescrizioni contrattuali in tema di produzione dei certificati medici". Al comma 2 la direttiva si contraddice palesemente in più punti affermando che "Con riferimento alle assenze di un solo giorno lavorativo, per ragioni di salute, si precisa che l'amministrazione è comunque tenuta a pretendere la produzione della certificazione sanitaria, sussistendo, come riconosciuto dalla giurisprudenza, il potere di verificare la legittimità delle cause di assenza del dipendente dal servizio, a fortiori per le assenze brevi per malattia che, per la loro imprevedibilità, sfuggono al controllo dell'amministrazione..


La visita fiscale è un accertamento previsto dall’art. 5 della L. 300/70, predisposto dall’INPS o dal datore di lavoro per verificare l’effettivo stato di malattia del dipendente assente per motivi di salute. La visita fiscale, infatti, non è limitata a un controllo della presenza del lavoratore in malattia nel domicilio, ma a una vera e propria verifica di merito.

Il lavoratore che intende usufruire dell’astensione dal lavoro per malattia deve avvisare tempestivamente il proprio datore e il medico di famiglia. Quest’ultimo è obbligato a compilare il certificato di malattia in una apposita sezione del sito dell’INPS che, a sua volta, invia in automatico una copia alla casella di posta elettronica certificata (PEC) del datore di lavoro presso il sito Italia.gov. Non appena il certificato di malattia è stato avviato, o entro un giorno al massimo, l’informazione è visibile a tutti i soggetti che possono richiedere o effettuare la visita fiscale (Inps, Inail, Asl, datore di lavoro).

I contratti nazionali obbligano il lavoratore anche a fornire un indirizzo dove essere reperibile, che può differire da quello di residenza, in fasce orarie stabilite e per tutto il periodo di malattia assegnato dal medico di medicina generale nel certificato. Il medico dell’Azienda Sanitaria Locale per un accertamento dovrà recarsi al domicilio indicato dal lavoratore, negli orari di reperibilità imposti dalla legge.

Per i dipendenti pubblici, l’articolo 16 della Legge 111, elimina la precedente obbligatorietà dell’accertamento della malattia, che diventa a discrezione del dirigente. Il controllo è in ogni caso richiesto sin dal primo giorno quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative. Per i lavoratori privati, l’INPS fa eseguire le visite fiscali a campione tra tutti i certificati pervenuti. Anche il datore di lavoro del dipendente privato può richiedere una visita fiscale attraverso l’Azienda Sanitaria Locale, ma in questo caso la visita ha un costo per la ditta richiedente.

Per quanto concerne gli orari di reperibilità, per i dipendenti privati le visite fiscali si effettuano 7 giorni su 7, dalle ore 10:00 alle ore 12:00 e dalle ore 17:00 alle ore 19:00. Per i dipendenti della pubblica amministrazione, invece, le visite fiscali si effettuano 7 giorni su 7, lavorativi e non e festivi, dalle ore 09:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle ore 18:00.

Per i dipendenti pubblici vi è l’esclusione dall’obbligo del rispetto di tali fasce orarie di reperibilità, qualora l’assenza sia riconducibile a patologie gravi che richiedono terapie salvavita; infortuni sul lavoro; malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio; stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
Inoltre, qualora il dipendente debba allontanarsi dall’indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi – che devono essere, a richiesta, documentati – è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione.

Nel caso in cui la persona non sia presente al domicilio al momento della visita, il medico fiscale lascia al recapito dell’interessato un invito a presentarsi per una visita ambulatoriale presso l’Ufficio Visite Fiscali – Servizio Medicina Legale. In qualunque caso, dopo la visita a domicilio o in ambulatorio, verrà inviato il referto medico al datore di lavoro.

Il lavoratore può rifiutare l’ingresso ai medici al di fuori dell’orario di reperibilità. Tale rifiuto non costituisce per il datore titolo per valutare ingiustificata l’assenza dal luogo di lavoro, né motivo per l’INPS di non pagare al lavoratore l’indennità di malattia. Una volta ricevuto la visita fiscale che conferma la prognosi il lavoratore non è più soggetto alle fasce di reperibilità per tutto il periodo della malattia. Ulteriori richieste di visite da parte dei datori di lavoro configurano il reato di vessazione.

Il Medico Fiscale ha facoltà di ridurre o confermare la prognosi del medico di base. Tuttavia, in caso di riduzione, se il certificato attestante la malattia è stato rilasciato al lavoratore in un ospedale o da uno specialista ed è corredato da relativa documentazione clinica, questo ha un valore maggiore del parere del medico dell’ASL. Ad un’assenza ingiustificata segue la trattenuta di un giorno di retribuzione in busta paga e il rifiuto dell’INPS di corrispondere al datore l’indennità di malattia. Solitamente, alla prima assenza ingiustificata c’è la trattenuta fino a 10 giorni di malattia. Nel caso di assenza ingiustificata per un numero di giorni anche non consecutivi superiori a 3 nell’arco di un biennio, o comunque per più di 7 giorni nel corso degli ultimi 10 anni, è previsto il licenziamento con preavviso (giustificato motivo soggettivo).


Cassazione: pubblico impiego, nel passaggio da un'Amministrazione all'altra l'assegno ad personam va riassorbito negli incrementi del trattamento economico -

"La regola per cui il passaggio da un datore di lavoro all'altro comporta l'inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (art. 2112 cod. civ.), è confermata, per i dipendenti pubblici, dall'art. 30 del d.lgs. n.165 del 2001, che riconduce il passaggio diretto di personale da Amministrazioni diverse alla fattispecie della "cessione del contratto" (art. 1406 cod. civ.), stabilendo la regola generale dell'applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto dell'Amministrazione cessionaria, non giustificandosi diversità di trattamento (salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito) tra dipendenti dello stesso ente, a seconda della provenienza. Tale regola - da applicare anche nel caso di passaggio dalle dipendenze di una Agenzia fiscale alle dipendenze di una Amministrazione inserita nel sistema burocratico dello Stato - comporta che i suddetti assegni ad personam siano destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell'Amministrazione cessionaria". Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 5959 del 16 aprile 2012, ha accolto il ricorso proposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello riconosceva, ai dipendenti pubblici transitati dall'Agenzia del demanio al Ministero, l'assegno ad personam, come prestazione non cumulabile con gli aumenti della retribuzione tabellare. La Suprema Corte precisa che nell'ambito del lavoro pubblico, nel caso di passaggio da una Amministrazione ad un'altra è assicurata - in mancanza di disposizioni speciali - la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l'ente di destinazione, opera nell'ambito della regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in pejus del trattamento economico acquisito, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento. Tale riassorbimento deve operare in riferimento ai miglioramenti del trattamento economico complessivo dei dipendenti del Amministrazione di arrivo e non con riferimento a singole voci che compongono tale trattamento economico, in quanto "solo il primo sistema di riassorbimento, oltre a non essere in contrasto con le disposizioni legislative di cui finora si è detto, è conforme al principio di cui all'art. 36 Cost, come costantemente interpretato dalla giurisprudenza costituzionale, nel senso che il principio della «proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferito non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di essa»".

 
 
 

 

 

 
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